Il Parmigiano-Reggiano

Il legame tra il Parmigiano-Reggiano e la sua zona di origine è imprescindibile. Il Parmigiano-Reggiano nasce dal suo territorio e dalla sapienza dell’uomo. Oggi, come nove secoli fa, si fa con gli stessi ingredienti (latte, sale, caglio), la stessa cura e passione, la stessa zona d’origine. La produzione del latte e la trasformazione in formaggio avvengono nelle province di Mantova alla destra del fiume Po Reggio Emilia Parma Bologna alla sinistra del fiume Reno

Qui si concentrano infatti le oltre 3.500 aziende agricole in cui si produce il latte pregiato e gli oltre 380 caseifici che lo trasformano ogni giorno e che stagionano il formaggio per un minimo di 12 mesi fino a due anni e oltre, controllando ogni forma, fino alla maturazione.  

E' un documento del notaio del duca di Parma in cui si definiva "Parmigiano" il formaggio prodotto e stagionato a Parma.(Archivio di Stato di Parma)
Il primo documento ufficiale sulla Denominazione d'Origine "Parmigiano" del 7 agosto 1612

Il Parmigiano-Reggiano è un tutt’uno con la terra in cui nasce e racchiude in sé un viaggio unico e straordinario, lungo nove secoli, che si compie ancora oggi negli stessi luoghi, con la stessa tecnica, per regalare un inimitabile sapore che muove mente e cuore. Le origini del Parmigiano-Reggiano risalgono al Medioevo e vengono generalmente collocate attorno al XII secolo. Presso i monasteri benedettini, seguendo la regola di San Benedetto, “Ora et Labora”, i monaci svilupparono attività agricole e di allevamento di vacche per il lavoro dei campi e per la produzione di carne e di latte.

L.Confortini, Spaccato di un caseificio reggiano del 1870
L.Confortini, Spaccato di un caseificio reggiano del 1870

Elevate erano le quantità di questa materia prima, tanto preziosa quanto facilmente deperibile, così nacque l’esigenza di escogitare un modo per produrre un formaggio che durasse nel tempo. Comparvero così i primi caselli: grazie all’abbondanza di corsi d’acqua, di ampi pascoli e di latte prodotto dalle bovine utilizzate nei lavori dei campi, in questa zona circoscritta dell’Emilia si diffuse la produzione di un formaggio a pasta dura, di grandi dimensioni (allora di circa 16-20 chilogrammi), ottenuto attraverso la lavorazione del latte in ampie caldaie.

Questo formaggio ebbe fin da subito una caratteristica importante: riusciva a durare a lungo nel tempo, anzi, più maturava, più migliorava le sue caratteristiche organolettiche.

Numerose sono le testimonianze storiche che dimostrano come già nel 1200 il formaggio chiamato “caseus parmensis”, quello che poi chiameremo "ParmigianoReggiano”, avesse raggiunto una diffusione e anche una notorietà al di fuori dei confini della zona di origine. 1934 

Parmigiano Reggiano o Grana?

Il 27 luglio 1934 nasce il Consorzio Volontario Interprovinciale Grana Tipico che adotta il marchio ovale per le forme idonee; tale marchio ricava l'annata e la scritta C.G.T. Parmigiano Reggiano. 
Nel 1937 la zona di produzione viene definita con i confini che sono quelli attuali, comprendendo anche i territori della provincia di Bologna (sinistra Reno): e, infine, il termine Parmigiano Reggiano venne ufficializzato per la prima volta nel 1938

Dal latte all'Oro: la produzione

L.Zontini, Spaccato di un caseificio parmigiano nel 1940
L.Zontini, Spaccato di un caseificio parmigiano nel 1940

Le modalità di produzione del Parmigiano-Reggiano hanno subito alcune evoluzioni nel corso dei secoli. Rispetto ai periodi iniziali sono rimasti immutati gli ingredienti, i luoghi di origine, la cura e i sapienti gesti rituali.

E’ la storia di come la garanzia di genuinità del Parmigiano-Reggiano sia oggi assoluta in forza di norme precise, applicate con rigida autodisciplina di conformità e con rigoroso controllo. Il Parmigiano-Reggiano è un formaggio salvaguardato da più di settant’anni dal Consorzio di tutela e amato da nove secoli per il suo gusto sempre generoso.

Ogni giorno, il latte della mungitura serale viene lasciato riposare sino al mattino in ampie vasche, nelle quali affiora spontaneamente la parte grassa, destinata alla produzione di burro.

Insieme al latte intero della mungitura del mattino, appena giunto dagli allevamenti il latte scremato della sera viene versato nelle tipiche caldaie di rame a forma di campana rovesciata, con l’aggiunta del siero innesto, ricco di fermenti lattici naturali ottenuti dalla lavorazione del giorno precedente, e di caglio naturale di vitello. Il latte coagula in una decina di minuti.  

Si forma così la cagliata che viene frammentata in minuscoli granuli grazie ad un antico attrezzo detto spino. 

E’ a questo punto che entra in scena il fuoco, per una cottura che raggiunge i 55 gradi centigradi, al termine della quale i granuli caseosi precipitano sul fondo della caldaia aggregandosi in un’unica massa.


Dopo circa cinquanta minuti, la massa caseosa viene estratta, dal casaro, con sapienti movimenti. Tagliato in due parti e avvolto nella tela, il formaggio viene immesso in una fascera che gli darà la forma cilindrica. 

Con l’applicazione di una placca di caseina, ogni forma viene contrassegnata con un numero unico e progressivo che l’accompagnerà proprio come una carta d’identità. 

Dopo poche ore, una speciale fascia marchiante incide sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il caseificio e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza della forma. 

A distanza di pochi giorni le forme vengono immerse in una soluzione satura di acqua e sale.

E’ una salatura per assorbimento che in circa venti giorni conclude il ciclo di produzione e apre quello non meno affascinante della stagionatura.

Nel silenzio dei magazzini le forme si rincorrono in lunghe file. Per ognuna di esse sono stati necessari circa 550 litri di latte, e l’impegno costante di allevatori e casari.

Ma il lavoro continua.

Lasciato riposare su tavole di legno, il formaggio si asciuga lentamente e la crosta formatasi durante la salatura, quindi senza trattamenti, è perfettamente edibile e prende un colore paglierino sempre più intenso con il passare del tempo.

Quella del Parmigiano-Reggiano è una storia lunga, ma è anche una storia lenta, che scorre al naturale ritmo delle stagioni.

La stagionatura minima è infatti di dodici mesi, ed è solo a quel punto che si potrà dire se ogni singola forma potrà conservare il nome che le è stato impresso all’origine.

Gli esperti del Consorzio di tutela le esaminano una ad una. Dopo la verifica dell’organismo di controllo, viene applicato il bollo a fuoco sulle forme che hanno i requisiti della Denominazione d’Origine Protetta.

Alle forme che non presentano i requisiti per la DOP vengono asportati tutti i contrassegni e la scritta a puntini.